IL SEGRETO E' L'ENTUSIASMO la storia di come Sara ha saputo vincere i sensi di colpa e perseguire la propria strada

Pubblicato il 5 aprile 2024 alle ore 09:00

Credo nella teoria delle "legge dell'attrazione". 

Tutto quello che all'universo dai, ti torna indietro, come un boomerang. E non parlo di semplici azioni, mi riferisco a tutto quello che possiamo raggiungere prima di tutto con la nostra immaginazione. Avete mai provato ad immaginarvi di essere in un posto, senza esserci davvero? Intendo immaginare di raggiungere un risultato, senza ancora averlo effettivamente fra le mani. Ed un giorno, senza neppure accorgervi come, siete effettivamente lì, a stringere il vostro sogno con lo stesso stupore di un bambino quando scarta il suo regalo più bello e tanto desiderato.

Mi chiamo Sara e vi racconto la mia storia, affinché possiate capire quanto la nostra mente e il nostro atteggiamento nei confronti della vita, giochi un ruolo fondamentale in tutto il suo trascorso e nelle scelta che compiamo ogni giorno. 

Sono una ballerina praticamente da quando sono nata. Ho imparato a salire sulle punte si può dire, prima ancora di iniziare a camminare.

Non è stato difficile per me imparare la cultura del ballo, perché mia madre era la mia insegnante e la proprietaria della mia scuola. I nostri dialoghi erano basati quotidianamente su quello e la sua rigidità professionale, si ripercuoteva su di me anche sull'educazione che mi inculcava. Non è mai stata una madre troppo affettuosa, ma credo davvero che non lo facesse con cattiveria. 

Fatto sta che crebbi con la consapevolezza di quello che avrei dovuto fare nella vita. Sin dal primo giorno. Avrei fatto carriera, avrei seguito un percorso professionistico in tal senso e, mal che fosse andata, avrei preso in mano le redini di mamma. Normale, no?

Eppure, finale assai prevedibile, non era esattamente cio' che desideravo. 

Ci fu un tempo in cui, indossando le mie scarpette, capivo che ogni passo era destinato alla mia strada. Nulla di ciò che facevo, era un caso, ma costruito a pennello sul mio futuro. Ma esattamente, il futuro di chi?

Credo, forse a partire dall'età di 17 anni iniziai a tornare a casa e lanciare  il borsone per terra, come se lasciassi cadere un peso che mi opprimeva dentro, dentro l'anima. Una volta liberata dal fardello, mi buttavo sui libri e leggevo, farà ridere lo so...libri di ricette. 

Avevo un fidanzatino, all'epoca e quando andavo a casa sua mi divertivo a preparare primi, dolci e deliziosi manicaretti, con la professionalità di uno chef. Facevo lo stesso a casa delle mie amiche, quando eravamo da sole. Io assaggiavo, ma non mangiavo molto, perché la mia educazione mi aveva dato l'impostazione di uno stile alimentare rigido. Dovevo essere magra e avere una linea perfetta, per la danza ovviamente. Ma amavo, amavo smisuratamente, cucinare per gli altri. E gli altri amavano i miei piatti. 

Diventò un'ossessione. Iniziai a informarmi su tutto ciò che riguardasse la cucina, passeggiavo tra le bancarelle di frutta e verdura, studiavo l'abbinamento dei sapori e mi divertivo a testarli ai fornelli. Mi divertivo. Per la prima volta nella mia vita. 

Solo qualche anno dopo capii che il divertimento è la chiave di ogni realizzazione personale. 

Non si trattava della danza di per sé, non era la danza che non mi piacesse o che non praticavo più volentieri, ma probabilmente il fatto che non scorresse nelle mie vene con naturalezza (o almeno, non più), ma fosse frutto di un percorso imposto e non mio. 

Fatto sta che continuai, per non ferire mia madre. Ma sapevo in cuor mio, che non era ciò che mi rendeva felice. Non era ciò che mi faceva svegliare la mattina col sorriso sulle labbra. 

Mi iscrissi ad un corso di cucina, segretamente. Se mia madre avesse saputo che spendevo tempo (e soldi) in altro, mi avrebbe uccisa. 

Coltivai la mia passione per anni, sempre segretamente, ma non smisi mai di studiare e aggiornarmi su ciò che amavo. 

La mia testa e le mie azioni...erano lì.

La carriera di ballerina mi scivolò fra le mani, ma mi importava decisamente poco. Ciò di cui avevo paura, era dire a mamma che non avrei voluto continuare il suo percorso d'insegnante. 

Avevo paura di deluderla, di essere una cattiva figlia... Ma cosa c'è di peggio che perseguire un sogno non nostro?

Un giorno, avevo circa 24 anni, presi coraggio e glielo dissi: "Mamma, voglio aprire un ristorante, amo cucinare, voglio che diventi la mia vita"

 

Segui la tua anima. Non quella degli altri. 

Sei speciale perché ami cio' che fai. 

Lascia andare quello che non sei, cio' che spegne la tua luce. 

 

Non so se quello che mi diede, fosse un abbraccio pieno di rabbia o d'amore, ma penso fosse più un mix d'entrambi.

Credo che lei lo avesse sempre saputo, che non ero felice. E credo che la mia confessione avesse salvato in qualche modo anche lei da quella rigidità auto imposta. 

"L'ho immaginato. Sono anni che ho la cucina piena di roba e so benissimo che tu non mangi. Sento il profumo dei tuoi piatti, quando torno a casa, lo so che apri le finestre per far andare via l'odore, ma non basta. Ti rimane un sorrisetto compiaciuto anche poco dopo che hai smesso di cucinare. Sei brava a nascondere tutto, a sistemare, ma quel sorriso, cara mia non lo sai nascondere nemmeno a me"

Scoppiai a ridere. Non me n'ero mai resa conto. 

Quello di cui parlava mia madre, era un sorriso che veniva da dentro, dall'anima... ed io non me n'ero mai accorta. 

 

Ho agito per anni quasi inconsapevolmente, alimentando un bisogno e un amore e senza mai reprimerlo. 

Ma la cosa che più mi ha colpito è che il mio entusiasmo, la mia gioia nel fare ciò che amassi di più fare al mondo, trasformò anche mia madre, liberandola dal suo fardello. 

 

Lascia andare quello che non sei, cio' che spegne la tua luce, solo allora anche gli altri potranno amare la tua vera essenza. 

 

 

 

 

 

 


Aggiungi commento

Commenti

Non ci sono ancora commenti.