Ci sono due modi di vivere la vita.
Uno è pensare che niente sia un miracolo. L’altro è pensare che ogni cosa sia un miracolo.
(Albert Einstein)
Mi sono spesso chiesta il perché dovessi essere grata alla mia vita.
Anzi, a dirla tutta, non sapevo nemmeno cosa fosse la gratitudine: prendevo sul personale esattamente ogni cosa mi succedesse, ero arrabbiata con il mondo intero, incapace di accettare che nella vita accadessero situazioni ingiuste, difficili, scomode e pesanti per l'anima. Ogni battaglia, una sconfitta personale.
Poi, ad un certo punto, ho deciso, non so come né quando, che dovessi fermarmi un secondo e guardare quello che mi succedeva dentro e lasciare andare il resto, il mondo esterno. Da quel momento ho capito che apprezzavo le piccole cose belle della vita, quelle che stavo costruendo con le mie mani, quelle per cui gioivo e sentivo quella sensazione di piccola e remota soddisfazione. Remota, ma autenticamente MIA.
E finalmente...ero felice .
Ho cominciato a guardare ogni lotta combattuta fino a quel giorno, come uno scalino necessario ad essere dov'ero: sola, in quel momento, ma letteralmente LIBERA da ogni vincolo, regola, decisione altrui. Ero completamente padrona della mia vita e, inconsciamente mi sentivo grata per questo.
Provare gratitudine non significa dire banalmente "GRAZIE" a ciò che ci accade: si tratta di un atteggiamento di completa consapevolezza che ciò che succede non possiamo controllarlo, ma possiamo accettarlo e usarlo a nostro favore.
Essere grati significa sapere che la vita è questa:
ciò che ci accade sotto gli occhi, senza effettivamente poter far nulla affiché sia diversa,
ma capire di poter far di tutto affinché nulla succeda invano.
Da questo gesto di amore per me stessa e per il mondo, è nato un susseguirsi di atteggiamenti che fino ad allora non avrei mai neppure immaginato e che, nonostante non sia ancora (e non sarò mai) perfetta, anche quando ricado in certe dinamiche di tristezza o pseudo-depressione, perché qualcosa non va come avevo sperato, automaticamente il mio cervello mi ricorda di essere grata per ciò che ho, che sono e che mi accade.
Come succede per ogni atteggiamento di abitudine verso qualcosa: il segreto è renderlo automatico.
So che esistono diversi suggerimenti che dicono aiutino ad allenare questo atteggiamento positivo: ringraziare la vita attraverso un diario, dove annotare "tutto quello a cui oggi sono grata/o" prima di andare a dormire, oppure piccoli rituali di gratitudine da svolgere a fine giornata.
Non ho mai fatto nulla di tutto questo, ma certamente non li demonizzo: se possono servire ben venga; sicuramente aiutano a creare una routine e, appunto, ad abituare il nostro cervello a catalogare certi comportamenti e atteggiamenti e renderli automatici.
Ma se per caso sei fatto/a come me, quando inizi questo genere di propositi, finisci per non concluderli mai. Non sai quanti diari e quanderni ho comprato, con l'aspettativa di annotarmi pensieri positivi e ringraziamenti, ma non l'ho mai fatto e sono rimasti incompiuti e abbandonati in un cassetto.
Riconosco che non sia sempre facile essere grati, soprattutto nei momenti difficili: non credo che non esistano sensazioni o emozioni negative, perché fa parte del nostro essere umani.
Quando morì mia madre, per me fu come perdere una parte della mia esistenza, seppur travagliata: come un albero a cui vengono recise violentemente le radici, in quel momento (qualche anno dopo, a dir la verità) ho capito che per tenermi in piedi avevo semplicemente bisogno di ritrovare l'equilibrio, riconoscendo che nella vita le situazioni brutte e infelici si alternano sempre a gioia e positività. Basta spostare un attimo lo sguardo.
Se cadi momentaneamente in un fosso, puoi scegliere di rimanere sul fondo o tentare di risalire verso la luce: ma per farlo non puoi continuare a guardare la terra sotto i tuoi piedi. Insegui lo spiraglio di luce che vedi.
Ora ti dirò una cosa che ti farà maledettamente incazzare: crogiolarci nel dolore, in fondo, a noi piace.
Il dolore e l'autocommiserazione ci fanno sentire vivi. Ci ricordano che siamo umani, che siamo in grado di provare sentimenti e che facciamo parte di una società, determinata da affetti, legami e rapporti umani. Non sto dicendo che sia strano o sbagliato, sto anzi dicendo che è normale. Ma sentirselo dire non fa piacere, perché ci hanno insegnato che la morte e la sofferenza sono il male: come potrebbe mai farci piacere, il dolore?
Il nostro cervello prova emozioni continue: in quel momento non riconosce quale emozione sia, la più forte vince su tutte.
Non amiamo il dolore in sé (ovviamente) ma in quel momento ci sentiamo così avvolti e "pieni", che è difficile lasciarlo andare.
E' difficile sostituirlo da una gioia altrettanto grande.
Ti sei mai chiesto perché con il tempo il dolore si affievolisce?
Perché viene sostituito piano piano, giorno dopo giorno, da nuove esperienze più o meno belle, che non lo renderanno mai meno importante, ma decisamente meno intenso. Abbiamo semplicemente spostato il focus.
Impariamo ad essere grati a questo equilibrio. Impariamo a dire "grazie" al fatto che non esista solo quello che noi definiamo "il male", ma esiste anche un mondo di emozioni e speranze positive. Esiste un mondo di opportunità e insegnamenti.
Esperienze che ci portano, passo dopo passo, fuori dal fosso nel quale siamo caduti.
Gratitudine non è solo una parola, ma una chiave che può aprire le porte ad una vita più facile, più appagante ed autentica.
E' una scelta consapevole che, giorno dopo giorno, ti permette di vedere oltre le difficoltà e di riscopire il valore delle piccole cose,
quelle che spesso diamo per scontate.
Angy
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